Tassidermia

Tassidermia

I tassidermisti dicono che quando un animale muore senza che ne venga conservato nulla, muore due volte e la seconda è per sempre, intendendo con la seconda morte la perdita definitiva di informazioni importantissime per la scienza. Questa frase sintetizza l’importanza delle collezioni museali e del loro incremento attraverso il recupero di esemplari sul territorio.

Le spoglie degli animali selvatici deceduti per incidenti o malattie vengono raccolte e portate al Museo con la collaborazione di centri di recupero, come quello della LIPU, di Enti gestori delle Aree Protette, o dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Lazio e Toscana . La fase successiva è quella della preparazione per la loro conservazione mediante una tecnica chiamata tassidermia, dalle parole greche taxis=ordine e derma=pelle che significa mettere in posizione la pelle. Infatti è la sola pelle degli animali, con il pelo, le penne o le squame, ad essere sottratta alla naturale decomposizione mediante opportuni trattamenti.

Con questo procedimento di base si preparano le cosiddette “pelli da studio”, essenzialmente allo scopo di preservare nel tempo il materiale biologico e renderlo disponibile agli scienziati per le loro ricerche. Gli esemplari destinati all’esposizione subiscono una preparazione più complessa, detta naturalizzazione, che prevede il posizionamento della pelle su un modello artificiale ricostruito seguendo fedelmente le forme anatomiche dell’animale. Come risultato finale l’esemplare avrà una postura “naturale”, rendendo così evidenti alcuni atteggiamenti o posture, che stimolino nel visitatore curiosità ed interesse, in maniera molto più diretta di quanto riuscirebbero a fare parole scritte o immagini.

Nella tassidermia moderna, la conoscenza dell’anatomia e del comportamento animale, l’uso di materiali sempre più adeguati, la cura nei particolari e un notevole senso artistico concorrono alla realizzazione di preparati di grande valore scientifico ed estetico.